La banda degli Ottoni a Scoppio mi ha conquistato fin dal nome…
lo scoppio è patafisico, meccanico, camera d’aria, carburazione… e si può ben dire che sia un nome molto ben meritato per una banda che è ben capace di mandare in
combustione tutti i pistoni dei suoi ottoni… una moltitudine, una vera espressione di socialismo musicale… tutti insieme, senza distinzione di classe, di titolo, o di bravura… a propulsione… a fiato… di corsa …
La banda è sempre un esercizio di banditismo, e i nostri Scoppiettanti sanno come andare oltre alle recinzioni di regole che tanto spesso aprono le strade alla volgarità delle iniziative pubblicitarie più invasive, e la chiudono alla musica di banda, che, bisogna sempre ricordar, è una delle espressioni più libere concesse in musica.
La banda non ha bisogno di elettricità , e nemmeno di piedistallo.
La banda è cittadina del mondo e lo viaggia a piedi. Nel caso dei nostri eroi, a scoppio, addirittura.
Indimenticabile per me resta l’esecuzione di Enola Gay, nel foyer del teatro Smeraldo, primavera 2006, dopo uno dei concerti del tour di Ovunque proteggi, ad accompagnare il pubblico in festosa uscita, dopo una memorabile esecuzione insieme sul palco de L’uomo vivo, la canzone che accompagna il Cristo da Corsa nella sua sfrenata pazzia di Gio – Gio – ia, per avere vinto la morte.
Quello che la banda degli Ottoni a Scoppio fa da trent’anni con successo e quotidiana applicazione: vincere la morte e l’omologazione dell’anima e restituirla energicamente alla Gioia.
Vinicio Capossela, maggio 2015